Un salto alle origini

09.10.2017

Proviamo per un attimo a ripercorrere la storia del miele per capire come si è insediato nella nostra alimentazione, il valore acquisito da parte delle varie culture nel mondo e gli utilizzi che ogni popolo ha attribuito a questa sostanza dai mille usi e valori.

Le prime tracce che testimoniano l'uso del miele da parte dell'uomo, il quale probabilmente se ne cibava fin dalle origini, sono databili a circa 10 mila anni fa, come questa pittura rupestre scoperta nei pressi di Valencia, in Spagna: sembra mostrare un uomo che si arrampica sulla cima di un albero, o di una rupe. E' circondato da api in volo, dotato di una borsa o una cesta per riporre i favi sottratti alle api, con una nuvoletta di fumo per ammansirle

India

I "cacciatori di miele" utilizzano ancora oggi una tecnologia primordiale per la raccolta del miele, si arrampicano con scale di corda su rupi alte anche 100 metri.

Oltre ad avere significati simbolici, il miele era considerato afrodisiaco, tanto da essere l'ingrediente principale di elisir e filtri d'amore. Per lungo tempo e in diverse popolazioni ed epoche il miele veniva inoltre impiegato nei riti religiosi. Non è un caso dunque che nel Corano viene considerato il simbolo della guarigione sia spirituale sia materiale.

Grecia

l miele, definito dalla mitologia greca "nettare degli dei"

Nella Grecia antica il culto per l'ambrosia, il "cibo degli dei", portò a un forte interesse verso il comportamento delle api, il cui allevamento veniva di solito affidato a uno schiavo esperto in materia chiamato melitouros. Scrissero di miele e apicoltura scrittori come Omero (che narra la raccolta del miele selvatico), Pitagora (che considerava il miele un elisir di lunga vita) e Aristotele (che descrive minuziosamente il comportamento delle api).

I Greci forniscono numerosissime notizie sul miele; l'arte di "allevare api" venne perfezionata nella Magna Grecia: i Greci trasportavano nei loro giardini dei nidi di api per assicurarsi l'abbondanza della raccolta dei frutti, forse intuendo già la grandissima importanza dei pronubi per la fecondazione incrociata. Omero, nel 1194 a.C., nelle sue rapsodie sulla guerra di Troia, parlò di api e di miele; Esiodo, nel 780 a.C. parlò di regina, di fuchi e di operaie. Nel VII secolo a.C., il legislatore ateniese Solone, con una legge, stabilì che nessuna arnia nuova dovesse essere posta ad una distanza minore di trecento metri da quelle già esistenti. Pericle, nel 461 a.C., riferì che la sola Attica, in Grecia, aveva oltre20.000 alveari che costituivano la ricchezza dei loro proprietari, poiché questa era proprio la regione che vantava il miele di timo più pregiato del mondo antico, quello dell'Imetto; il filosofo e matematico greco Pitagora esortava i propri seguaci a cibarsi, praticamente di pane e miele, garantendo loro lunga vita. In tale epoca si riteneva che ogni colonia contenesse un'ape più grande, che veniva considerata il leader o il re e che si pensava fosse di sesso maschile (come, d'altronde, la maggior parte dei leader). I testi greci elogiavano quest'ape più grande per la sua abilità di leadership e per la sua saggezza fuori dal comune. Alcuni testi enumeravano e celebravano le caratteristiche femminili, altre quelle maschili delle api. In tutti i casi le api erano considerate come sottomesse al loro leader, da cui non volevano e non potevano separarsi. Le descrizioni ritrovate, in ogni caso, contengono una interessante quantità d'affermazioni importanti: si spiegano le caratteristiche del comportamento d'Apis mellifera abbastanza correttamente, anche se mancavano sulle api alcune basilari cognizioni biologiche e fisiologiche.  

La mitologia greca racconta che Giove è stato nutrito dalle api del Monte Ida, che hanno prodotto miele a questo scopo. In quelle regioni, la prima moneta al mondo di cui si abbia notizia, recava impressa un'ape come simbolo di solerzia..

Romani

I Romani tennero il miele nella massima considerazione. La richiesta del miele eccedeva la produzione tanto che, da sempre, importarono il miele e altri prodotti delle api (in particolare la cera, utilizzata moltissimo come isolante, per l'illuminazione, per la costruzione delle tavolette su cui scrivere, per impermeabilizzare e cosi via) da Creta, Cipro, Spagna e Malta, il cui nome originale, Meilat, pare che significhi appunto "terra del miele"; utilizzavano molto miele, unico dolcificante allora conosciuto, nell'alimentazione e per la preparazione del vino di miele (il famosissimo idromiele). Lo scavo archeologico di un impianto completo di alveari, presso una fattoria (costruita tra il IV ed il III secolo a.C., ma ancora in funzione in età romana e bizantina) a Vari, nell'Attica, ha portato alla luce arnie di terracotta costituite da due elementi fondamentali ed uno aggiuntivo: un vaso a pan di zucchero, alto 53,5 cm e dal diametro all'imboccatura di 36 cm, con un coperchio circolare munito di cinque fori per il passaggio dello spago e di una piccola apertura a forma di semiluna per l'entrata ed uscita delle api. L'arnia di paglia intrecciata era largamente diffusa al tempo di Carlo Magno. L'attenzione di Carlo Magno alla cura delle terre a lui sottoposte giunse fino a stabilire l'obbligo che in ogni podere lavorasse anche un apicoltore, con il compito di badare alle api e preparare miele e idromiele.  


Egitto

"Il dio Ra pianse, le lacrime scese dai suoi occhi caddero a terra e si trasformarono in api. Le api fecero il loro alveare e si operarono con i fiori di ogni pianta per produrre miele e cera. Così anche il miele e la cera d'api fuoriuscirono dalle lacrime di Ra". Questa iscrizione proveniente da un antico papiro egiziano (Salt 825) ci racconta di come gli Egizi credevano che le lacrime generate dal pianto del dio sole Ra si trasformassero in api mentre colpivano la terra e di come il miele e la cera erano stati quindi associati alle lacrime del dio. 

Le api, per ciò, erano considerate sacre, un dono di Ra in persona, il quale aveva conferito loro un aspetto prezioso non solo per come queste contribuivano con la loro produzione all'economia e al benessere della società egizia, ma anche perché erano teologicamente importanti. Proprio per questo motivo il miele era utilizzato anche nei rituali di morte, perché, oltre che conferire al defunto un incarnato dorato come d'oro era la pelle degli dei, si riteneva che fosse realmente sacro. Secondo le credenze degli antichi Egizi il miele aveva proprietà magiche, ma anche terapeutiche, quindi era utilizzato anche nella medicina.

Documenti di circa 3500 anni fa, descrivono alcuni preparati curativi a base di miele. Quale importante antisettico, era utilizzato per le ferite, per malattie varie come all'intestino, agli occhi e ai reni, veniva applicato nella chirurgia per le sue proprietà cicatrizzanti ed anche nell'odontoiatria per le otturazioni dei denti.

Oltre la valenza mitologica si ritiene che per la presenza di una "testa coronata" (l'ape regina) a capo della laboriosa e popolosa colonia di questi deliziosi insetti il Basso Egitto abbia utilizzato l'ape come simbolo territoriale e che il faraone stesso lo abbia usato, insieme al giunco, quale emblema reale, simbolo di sovranità e di comando. Per tutta la storia di questa civiltà, il Basso Egitto è stato sempre rappresentato dall'ape, come il re era sempre associato allo stesso simbolo nella sua titolatura. Lo stesso Orapollo, nei suoi scritti del V secolo d.C., ci scrive "quando gli egiziani vogliono rappresentare un popolo che ubbidisce al proprio re, dipingono un'ape". L'ape per tutti questi motivi era sacra e fatta oggetto di culto comune.

Gli antichi Egizi, per quanto ne sappiamo, sono stati i primi a praticare l'apicoltura organizzata, le prime notizie risalgono al III millennio a.C. La più antica raffigurazione in assoluto in cui vediamo l'uomo raccogliere il miele risale a 9000 anni fa

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